Giovedì, 21 Novembre 2024
Gela, 14°C - Nuvoloso

Frodi fiscali con false fatture: 15 misure cautelari. C’è anche un gelese

Cronaca

Frodi fiscali con false fatture: 15 misure cautelari. C’è anche un gelese

Operazione della guardia di finanza a Catania

Redazione

12 Novembre 2024 16:01

693
Guarda videoFrodi fiscali con false fatture: 15 misure cautelari. C'è anche un gelese
Advertising

 I militari della guardia di finanza hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Catania con 29 indagati su un presunto sistema di somministrazione fraudolenta di manodopera e di frode fiscale tramite l'emissione di fatture per operazioni inesistenti.  I reati ipotizzati sono, a vario titolo, associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti (Foi), dichiarazione dei redditi infedele e fraudolenta e indebita compensazione di crediti fiscali inesistenti.

Advertising

Sarebbe stato a Catania, nello studio del commercialista Antonio Paladino, 61 anni, originario di Monza, e del suo collaboratore Gaetano Sanfilippo, 47enne di Gela, il centro delle decisioni delle frodi fiscali con false fatture al centro dell'operazione denominata ‘Dentro o fuori'. La Procura etnea contesta ai due, destinatari di provvedimento cautelare in carcere, di essere promotori e organizzatori del sodalizio criminale nonostante non abbiano ricoperto alcun ruolo formale nei consorzi e nelle consorziate e nonostante il fatto che le tali società avessero sede legale in diverse province italiane (Milano, Firenze, Roma, Messina e Catania), talvolta in civici inesistenti o locali vuoti o in disuso.

Advertising

Paladino e Sanfilippo erano già stati destinatari di un'analoga misura nel 2020 nell'ambito di indagini per frode fiscale condotte sempre dalle fiamme gialle etnee, su delega della Procura di Catania, con l'operazione Fake credits. Nel corso dell'esecuzione dei provvedimenti la guardia di finanza ha eseguito delle perquisizioni di locali e informatica, disposta dalla Procura di Catania, nei confronti dei rappresentanti legali delle aziende "clienti" che avrebbero usufruito maggiormente della somministrazione illecita di manodopera. Le 28 società interessate dal provvedimento hanno sedi a Catania, Firenze, Roma, Pomezia (Roma), Milazzo (Messina), Milano e a Guidonia Montecelio.

Advertising

Al centro dell'inchiesta della Procura di Catania l'attività di imprese del settore turistico-alberghiero di Sicilia, Calabria e Lazio. Negli ultimi 5 anni il giro di fatture false legato al sistema di frode, sostiene l'accusa, nel suo complesso sarebbe stato pari a oltre 56 milioni di euro di imponibile e oltre 13 milioni di Iva, garantendo profitti illeciti all'associazione a delinquere per oltre 8 milioni di euro, la metà dei quali sarebbe stata distribuita agli organizzatori del sistema sotto forma di compensi professionali, stipendi, rimborsi spese. Il presunto meccanismo di frode, emerso dalle indagini della guardia di finanza, si sarebbe basato su uno schema operativo ricorrente: la costituzione di entità giuridiche in forma di consorzi (Consorzio Logatrans e consorzio In&out con sede legale, rispettivamente, a Roma e Firenze) e società consorziate (oltre 26 susseguitesi nel tempo distribuite tra le province di Milano, Firenze, Roma, Catania e Messina), tutte prive di una propria organizzazione, di mezzi e senza l'assunzione di alcun rischio d'impresa, aventi di norma un ciclo di vita molto breve durante il quale avrebbero accumulato, senza onorarli, ingenti debiti tributari. Secondo l'accusa, i soggetti giuridici, legalmente rappresentati da prestanome, spesso nullatenenti e privi di competenze, avrebbero operato come meri serbatoi di manodopera utilizzati esclusivamente per assumere un numero elevatissimo di lavoratori, per la maggior parte provenienti dalle aziende divenute clienti, per poi metterli a disposizione proprio di queste ultime sotto forma di appalto di servizi fittizio. In realtà, sarebbe emerso dalle indagini, i lavoratori non avrebbero mutato né sede lavorativa, né qualifica, rimanendo, di fatto, alle dipendenze dell'originario datore di lavoro per continuare a svolgere le proprie ordinarie mansioni. Lo scopo, contesta la Procura di Catania, sarebbe stato dunque quello di esternalizzare, solo in apparenza, la forza lavoro, in modo da conseguire diversi vantaggi. Inoltre la stipula (solo formale) di un contratto di appalto avrebbe consentito alle clienti di detrarre l'iva applicata in fattura (non genuina) relativa ai "presunti servizi" erogati. Gli ideatori del "sistema consorzio" avrebbero ottenuto ingenti profitti illeciti derivanti dal mancato pagamento allo Stato dei debiti erariali (per imposte e contributi) maturati dal consorzio e dalle consorziate, neutralizzati attraverso indebite compensazioni con crediti Iva inesistenti derivanti dal simulato acquisto di beni strumentali da società "cartiere". Quest'ultima operazione sarebbe stata essenziale nella filiera del sistema perché, beneficiando di compensazioni con crediti inesistenti, le consorziate avrebbero potuto certificare al cliente finale di avere "correttamente" assolto agli obblighi di versamento, fornendo la certificazione di regolarità contributivo ovvero il modello Durc.

© Riproduzione riservata
In Evidenza
Potrebbe interessarti