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Infezione batterica in Giappone: si sta diffondendo a velocità record

Salute

Infezione batterica in Giappone: si sta diffondendo a velocità record

Particolarmente pericolosa per le persone sotto i 50 anni

Redazione

16 Marzo 2024 16:37

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Una rara ma pericolosa infezione batterica si sta diffondendo a velocità record in Giappone. Esperti e funzionari sanitari si trovano ad affrontare un enigma. Gli esperti lanciano l'allarme: la sindrome da shock tossico indotto da streptococco (STSS) si sta diffondendo a un ritmo senza precedenti in Giappone. L'infezione batterica, che in alcuni casi può essere fatale, ha già raggiunto i 378 casi nei primi due mesi di quest'anno, conferma l'Istituto nazionale delle malattie infettive (NIID).I dati comparativi dell'anno precedente mostrano la drammaticità della situazione: nell'intero anno 2023 si sono verificati complessivamente 941 casi di STSS.

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I dati fanno temere che i numeri possano aumentare in modo significativo quest'anno. Particolarmente preoccupante: mentre gli anziani sono normalmente considerati un gruppo a rischio, ora i decessi sono in aumento tra le persone sotto i 50 anni. La causa della maggior parte dei casi è il batterio "Streptococcus pyogenes", che spesso provoca mal di gola nei bambini ed è spesso presente inosservato nelle persone. Il batterio può essere altamente contagioso e causare malattie gravi; circa il 30% dei casi di STSS sono fatali. I sintomi negli anziani includono sintomi simili al raffreddore, ma questi possono peggiorare e svilupparsi in malattie gravi come polmonite o meningite.

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Gli esperti sospettano che l'aumento dei contagi sia legato alla fine delle rigide misure di protezione dal coronavirus in Giappone. Da quando nel maggio 2023 il Covid è stato classificato al livello di un'influenza stagionale, le persone sembrano essere meno caute. Il Ministero della Salute giapponese raccomanda di seguire le stesse precauzioni igieniche stabilite durante la pandemia di coronavirus. Per Giovanni D'Agata, presidente dello  "Sportello dei Diritti", allerta alta, dunque, a fronte di numeri in crescita per chi si reca o ritorna da questa parte del mondo in cui è frequente e continuo il rischio di contrarre la malattia.

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