Offese un funzionario di polizia durante un comizio a Gela: nuovo processo per un imputato
Cronaca
Offese un funzionario di polizia durante un comizio a Gela: nuovo processo per un imputato
La Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal difensore dell'imputato
Dal palco allestito nella centralissima piazza Umberto per i comizi tenutisi nella primavera del 2015 in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale, aveva denunciato criticità e defaillances della città, facendo nomi e cognomi anche di esponenti delle istituzioni che, a suo dire, avrebbero avuto una condotta tutt'altro che trasparente. L'ambientalista ed impiegato comunale Saverio Di Blasi - che in quella tornata elettorale era in lizza per la poltrona di primo cittadino - puntò l'indice, tra gli altri, contro il dott. Giovanni Giudice, un funzionario di polizia che in città per anni aveva svolto attività prima di andare a dirigere la Squadra Mobile di Caltanissetta ed occuparsi di criminalità organizzata. In un comizio, Di Blasi - dopo avere fatto riferimento ad un verbale di interrogatorio del collaboratore di giustizia Rosario Trubia - bollò il dott. Giudice come "un delinquente pagato con il denaro dello Stato". Un'affermazione che cagionò a Di Blasi un'incriminazione per diffamazione aggravata e poi la condanna ad 8 mesi oltre alle statuizioni civili nei primi due gradi del giudizio. Un verdetto, ora annullato dai giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione che, accogliendo i motivi del ricorso presentato dal difensore di Di Blasi, l’avvocato Salvo Macrì, ha annullato il verdetto, disponendo la trasmissione degli atti ad una nuova sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta per una rivisitazione del “caso”. Tra i motivi del ricorso presentato in Cassazione per chiedere l’annullamento della sentenza di condanna, il legale ha eccepito la violazione al diritto di difesa e del contraddittorio in considerazione del fatto che in primo grado il giudice aveva revocoto l’esame di alcuni testi a discolpa, prima ammessi. Anche in Appello - ha eccepito il legale - la Corte non avrebbe acquisito delle prove tese a fare chiarezza sulla vicenda. Con la decisione della Cassazione il caso, dunque, dovrà essere passato nuovamente al vaglio dei giudici.
Dal palco allestito nella centralissima piazza Umberto per i comizi tenutisi nella primavera del 2015 in occasione della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale, aveva denunciato criticità e defaillances della città, facendo nomi e cognomi anche di esponenti delle istituzioni che, a suo dire, avrebbero avuto una condotta tutt'altro che trasparente. L'ambientalista ed impiegato comunale Saverio Di Blasi - che in quella tornata elettorale era in lizza per la poltrona di primo cittadino - puntò l'indice, tra gli altri, contro il dott. Giovanni Giudice, un funzionario di polizia che in città per anni aveva svolto attività prima di andare a dirigere la Squadra Mobile di Caltanissetta ed occuparsi di criminalità organizzata.
Advertising
In un comizio, Di Blasi - dopo avere fatto riferimento ad un verbale di interrogatorio del collaboratore di giustizia Rosario Trubia - bollò il dott. Giudice come "un delinquente pagato con il denaro dello Stato". Un'affermazione che cagionò a Di Blasi un'incriminazione per diffamazione aggravata e poi la condanna ad 8 mesi oltre alle statuizioni civili nei primi due gradi del giudizio. Un verdetto, ora annullato dai giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione che, accogliendo i motivi del ricorso presentato dal difensore di Di Blasi, l'avvocato Salvo Macrì, ha annullato il verdetto, disponendo la trasmissione degli atti ad una nuova sezione della Corte d'Appello di Caltanissetta per una rivisitazione del "caso".
Advertising
Tra i motivi del ricorso presentato in Cassazione per chiedere l'annullamento della sentenza di condanna, il legale ha eccepito la violazione al diritto di difesa e del contraddittorio in considerazione del fatto che in primo grado il giudice aveva revocoto l'esame di alcuni testi a discolpa, prima ammessi. Anche in Appello - ha eccepito il legale - la Corte non avrebbe acquisito delle prove tese a fare chiarezza sulla vicenda. Con la decisione della Cassazione il caso, dunque, dovrà essere passato nuovamente al vaglio dei giudici.