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Siccità, stato d’emergenza in Sicilia mentre il dissalatore di Gela è in abbandono

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Siccità, stato d’emergenza in Sicilia mentre il dissalatore di Gela è in abbandono

L'impianto di Gela costa da fermo oltre 10 milioni di euro l'anno

Graziano Amato

07 Maggio 2024 13:01

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Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia, come richiesto nei giorni scorsi dalla giunta regionale, per una durata di 12 mesi, stanziando i primi 20 milioni di euro, con la possibilità di incrementare le risorse in tempi brevi già nel corso dell'attuazione dei primi interventi. Alla riunione a Palazzo Chigi ha partecipato anche il presidente della Regione. Il governo siciliano ha già trasmesso a Roma tutta la documentazione necessaria, stilando una lista degli interventi necessari a ridurre gli effetti della crisi dovuta alla mancanza di piogge.

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Le soluzioni proposte dalla cabina di regia, guidata dal governatore e coordinata dal capo della Protezione civile regionale, sono differenziate in base ai tempi di realizzazione. Tra quelle di rapida attuazione, l'acquisto di nuove autobotti nei Comuni in crisi e la sistemazione di altri mezzi in un centinaio di enti locali; circa 130 interventi tra rigenerazione di pozzi esistenti, trivellazione di pozzi gemelli e riattivazione di quelli abbandonati, oltre al revamping di una trentina di sorgenti; il potenziamento degli impianti di pompaggio e delle condotte; la realizzazione di nuove condotte di interconnessione e bypass.

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Per i prossimi mesi, invece, si sta valutando la ristrutturazione e il riavvio dei dissalatori di Porto Empedocle, nell'Agrigentino, e di Trapani, operazioni che richiederanno tempi e procedure di gara più lunghe, non essendoci deroghe sostanziali in materia ambientale e di appalti sopra soglia comunitaria. Per il momento dunque, la Regione scarta l'ipotesi di riattivare il dissalatore di Gela, al centro di un paradosso, ricostruito nelle scorse ore da un articolo di Repubblica a firma di Filippone Tullio. L'impianto è stato dismesso definitivamente nel 2012, ma la Regione continua a pagare una rata salatissima da 10,5 milioni di euro l'anno per un dissalatore che è ormai ridotto a un ferro vecchio. Dall'impianto, che si trova nell'area industriale della raffineria dell'Eni, non esce più una sola goccia d'acqua depurata da 12 anni, ma la Regione sta ancora finendo di estinguere i propri debiti. Alla fine del 2015, quando era in carica il governo di centrosinistra guidato da Rosario Crocetta, la Regione ha chiuso un accordo transattivo con Eni da 105 milioni e 360mila euro, rateizzati con pagamenti annuali da 10,5 milioni di euro che sono iniziati nel 2016 e proseguiranno per questo esercizio finanziario e per quello del 2025. Cioè da nove anni la Regione sta finendo di pagare un conto onerosissimo per un impianto che intanto è chiuso e in stato di abbandono. Il debito risale a un contenzioso iniziato intorno al 2005, e nei decreti annuali di liquidazione disposti dall'assessorato dell'Energia è menzionato con la voce "oneri per il ripianamento delle situazioni debitorie pregresse relative alla gestione degli impianti ed alla fornitura delle utilities del dissalatore di Gela". Il beneficiario, nel frattempo, è diventata Sace Fct, che fa parte di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario italiano controllato dal ministero dell'Economia, cui l'Eni ha ceduto nel 2020 il credito. «L'ipotesi di riprendere il vecchio dissalatore è una follia, perché nel frattempo, quando è stato dismesso, non si è pensato di tenerlo in manutenzione — dice Gaetano Catania, della segreteria regionale Filctem Cgil — rifarlo da zero per combattere la siccità adesso è pura utopia». E pensare che nel 1974 il dissalatore di Gela realizzato nella raffineria dal "cane a sei zampe", era il più grande d'Europa. I primi cinque moduli erano stati realizzati negli anni Settanta e un sesto nel 2003. E fornivano acqua a 300mila abitanti delle province di Caltanissetta e Gela. Ma per gli elevati costi di gestione e di manutenzione è sono stati dismessi progressivamente tra il 2006 e il 2012. L'ultimo segmento a chiudere è stato il quinto modulo bis, in funzione dal 2004 e gestito dalla società Di Vincenzo. Eppure adesso la Regione sta valutando di riprendere i tre dissalatori dell'Isola, fra i quali anche Porto Empedocle e Trapani. Ma la stima dei tecnici è che occorreranno almeno dieci mesi prima di rimetterli in funzione e un investimento immediato da 50 milioni di euro, senza contare altri 50 milioni nel medio periodo per il rifacimento delle reti di collegamento. Anche gli altri due impianti versano in condizione di totale abbandono e degrado. E quello di Porto Empedocle, voluto nel 2005 dall'allora presidente della Regione e commissario dell'emergenza idrica Totò Cuffaro, ha funzionato per appena cinque anni con un investimento di 6 milioni di euro. Quel che è certo è che la provincia di Caltanisseta è tra le più colpite dall'emergenza siccità. Nello stesso tempo, il dipartimento regionale di Protezione civile ha istituito nove tavoli tecnici negli uffici del Genio civile dei capoluoghi di ogni provincia, con rappresentanti del dipartimento delle Acque, dei Consorzi di bonifica, e dell'Autorità di bacino. I tavoli hanno individuato e selezionato gli interventi secondo priorità e poi procederanno al monitoraggio delle fasi realizzative. Inoltre, diverse riunioni sono già state svolte con Siciliacque, Aica Agrigento, Caltacque e Acque Enna.

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