Blitz antimafia nel trapanese, tremila euro al clan per i voti all’Ars: arrestato l’ex senatore Papania
Cronaca
Blitz antimafia nel trapanese, tremila euro al clan per i voti all’Ars: arrestato l’ex senatore Papania
Eseguite 10 misure cautelari
La polizia di Trapani, su delega della Dda di Palermo, ha emesso 10 misure cautelari nei confronti di soggetti, tutti residenti in provincia di Trapani, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi. Tra gli arrestati c’è l’ex senatore del Pd Antonino Papania, 65 anni, fondatore del movimento politico Via, accusato di scambio elettorale politico-mafioso. E’ stato arrestato anche l’ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, 69 anni, ritenuto l’intermediario fra Papania e il clan mafioso di Alcamo. Tra gli indagati Gregorio Savio Ascari, 54 anni, Giorgio Benenati, 55 anni, Francesco Coppola, 64 anni, Giosuè Di Gregorio, 54 anni, Salvatore Li Bassi, 66 anni, Antonino Minio, 53 anni, Giuseppe Pipitone, 61 anni, Giuseppe Schiacchitano, 49 anni. Secondo gli investigatori, Papania insieme a Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo e intermediario, avrebbe accettato la promessa da parte di Giosuè Di Gregorio, ritenuto esponente della famiglia mafiosa, di procurare voti ad Angelo Rocca, coordinatore provinciale del movimento politico Via, fondato da Papania, candidato alle elezioni regionali del 2022. In cambio Papania, secondo l’accusa, avrebbe pagato Di Gregorio con un compenso di circa 3 mila euro. All’autista l’ex senatore intercettato diceva di non andare spesso nel bar di Francesco Coppola in via Veneto perché quello era il suo quartier generale. Qui Coppola incontrava Di Gregorio che arrivava da Trapani. Il rischio era che i giovani agenti del commissariato di Alcamo – è scritto nell’ordinanza – che avevano sostituito quelli più anziani andati in pensione potessero immediatamente redigere una relazione di servizio. Dalla seconda metà di agosto e fino alle elezioni del 25 settembre del 2022 sono stati monitorati numerosi incontri tra Di Gregorio e Perricone. L’indagine, avviata nel maggio del 2021, ha documentato gli assetti e il rinnovato dinamismo delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all’arresto di numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse. Nel tentativo di colmare il vuoto creatosi, il clan alcamese aveva individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale. Stesso ruolo di reggente era stato attribuito a un altro pregiudicato di Calatafimi. Diverse le estorsioni documentate verso imprenditori locali, tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell’edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di auto. Le vittime venivano minacciate di ritorsione qualora non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, 50 mila euro. Un altro episodio estorsivo ha riguardato il titolare di un maneggio di Alcamo, costretto ad abbandonare l’azienda in seguito a contrasti con un soggetto vicino al clan. E ancora, un buttafuori trapanese, sotto minaccia, era stato costretto ad abbandonare il lavoro in un locale per favorire il figlio di un pregiudicato del posto. Da ultimo, l’inchiesta ha documentato l’attività di spaccio condotta dal clan anche grazie all’apporto di fornitori albanesi, e la detenzione di armi, nascoste dagli indagati e nella disponibilità del clan. Nel corso delle indagini uno degli appartenenti al clan è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione sono stati inoltre trovati 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi risultati rubati.
La polizia di Trapani, su delega della Dda di Palermo, ha emesso 10 misure cautelari nei confronti di soggetti, tutti residenti in provincia di Trapani, accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall'agevolazione mafiosa, traffico di influenze, violazione di segreto d'ufficio e porto e detenzione illegale di armi.
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Tra gli arrestati c'è l'ex senatore del Pd Antonino Papania, 65 anni, fondatore del movimento politico Via, accusato di scambio elettorale politico-mafioso. E' stato arrestato anche l'ex vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, 69 anni, ritenuto l'intermediario fra Papania e il clan mafioso di Alcamo. Tra gli indagati Gregorio Savio Ascari, 54 anni, Giorgio Benenati, 55 anni, Francesco Coppola, 64 anni, Giosuè Di Gregorio, 54 anni, Salvatore Li Bassi, 66 anni, Antonino Minio, 53 anni, Giuseppe Pipitone, 61 anni, Giuseppe Schiacchitano, 49 anni.
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Secondo gli investigatori, Papania insieme a Pasquale Perricone, ex vicesindaco di Alcamo e intermediario, avrebbe accettato la promessa da parte di Giosuè Di Gregorio, ritenuto esponente della famiglia mafiosa, di procurare voti ad Angelo Rocca, coordinatore provinciale del movimento politico Via, fondato da Papania, candidato alle elezioni regionali del 2022. In cambio Papania, secondo l'accusa, avrebbe pagato Di Gregorio con un compenso di circa 3 mila euro. All'autista l'ex senatore intercettato diceva di non andare spesso nel bar di Francesco Coppola in via Veneto perché quello era il suo quartier generale. Qui Coppola incontrava Di Gregorio che arrivava da Trapani. Il rischio era che i giovani agenti del commissariato di Alcamo - è scritto nell'ordinanza - che avevano sostituito quelli più anziani andati in pensione potessero immediatamente redigere una relazione di servizio. Dalla seconda metà di agosto e fino alle elezioni del 25 settembre del 2022 sono stati monitorati numerosi incontri tra Di Gregorio e Perricone. L'indagine, avviata nel maggio del 2021, ha documentato gli assetti e il rinnovato dinamismo delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi, in seguito all'arresto di numerosi esponenti storicamente al vertice delle stesse. Nel tentativo di colmare il vuoto creatosi, il clan alcamese aveva individuato il nuovo vertice in un pregiudicato locale. Stesso ruolo di reggente era stato attribuito a un altro pregiudicato di Calatafimi. Diverse le estorsioni documentate verso imprenditori locali, tra i quali un imprenditore di Castellammare, con interessi nel settore della distribuzione alimentare e del mercato immobiliare, e due imprenditori alcamesi attivi nel settore dell'edilizia, del movimento terra e della commercializzazione di auto. Le vittime venivano minacciate di ritorsione qualora non avessero versato, nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, 50 mila euro. Un altro episodio estorsivo ha riguardato il titolare di un maneggio di Alcamo, costretto ad abbandonare l'azienda in seguito a contrasti con un soggetto vicino al clan. E ancora, un buttafuori trapanese, sotto minaccia, era stato costretto ad abbandonare il lavoro in un locale per favorire il figlio di un pregiudicato del posto. Da ultimo, l'inchiesta ha documentato l'attività di spaccio condotta dal clan anche grazie all'apporto di fornitori albanesi, e la detenzione di armi, nascoste dagli indagati e nella disponibilità del clan. Nel corso delle indagini uno degli appartenenti al clan è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di oltre 9 chili di marijuana. In quella occasione sono stati inoltre trovati 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi risultati rubati.