La strage di San Basilio, il clan Emmanuello 25 anni fa entrava a Vittoria
Cronaca
La strage di San Basilio, il clan Emmanuello 25 anni fa entrava a Vittoria
Iniziava la guerra di mafia nel ragusano
Venticinque anni fa, il 2 gennaio 1999, la strage di San Basilio, nel bar di un rifornimento di benzina alle porte di Vittoria, nel Ragusano. Cinque vittime, qualcuno colpito a morte, altri vennero feriti e poi finiti dai killer. In quell'agguato morirono Angelo Mirabella 32 anni, vicino al boss Carmelo Dominante, e ritenuto il reggente del clan della 'stidda' di Vittoria, Claudio Motta 21 anni, cognato di Mirabella, Rosario Nobile 27 anni che aveva qualche parentela scomoda, Rosario Salerno 28 anni e Salvatore Ottone 27 anni, questi ultimi due semplici avventori del bar. Quattro le armi utilizzate: due calibro 9, una 357 Magnum e una Glock. A distanza di 25 anni, per Giuseppe Nicosia, già sindaco di Vittoria ma anche l'avvocato che ha rappresentato 14 parti civili nei processi, si è chiarito ogni aspetto e le condanne per mandanti, esecutori e fiancheggiatori sono passate tutte per i tre gradi di giudizio diventando definitive. "Sullo sfondo della strage di San Basilio una lotta di mafia - ricorda Giuseppe Nicosia già sindaco di Vittoria e legale di 14 parti civili nei processi che hanno riguardato la strage - ciò che è emerso dai processi è che in quel periodo 'cosa nostra' entrava a Vittoria con la famiglia Emmanuello che comandava sui Piscopo; per la prima volta avrebbe conquistato una sorta di 'riserva' della 'stidda'. C'erano state frizioni tra i Piscopo e Mirabella ed era intervenuto Emmanuello in persona per cercare di mettere pace, ma senza esito; Mirabella sarebbe stato poco accomodante. Fu allora che diede il via libera per uccidere Mirabella e quanti lo accompagnavano". Alessandro Emmanuello, Giovanni Piscopo e i due omonimi cugini Alessandro Piscopo, i mandanti; Giovanni Piscopo, Gianluca Gammino, i killer, Carmelo Massimo Billizzi, Enzo Mangione, i basisti, Diego Amaddio, il palo, Carmelo La Rocca, l'autista del commando. Una macchina, i sicari. Si dice anche di un tentativo precedente di ammazzare Mirabella, andato storto. Poi il 2 gennaio quando si fece buio, scatta l'attacco. Solo una persona si salva, è il barista, quando Giovanni Piscopo con le sue pistole, in una autentica esecuzione, finisce le persone già cadute sotto una raffica di colpi interminabile, lui è dietro al bancone, Piscopo non se ne accorge. Complesso il primo processo, rischiava di arenarsi.
Venticinque anni fa, il 2 gennaio 1999, la strage di San Basilio, nel bar di un rifornimento di benzina alle porte di Vittoria, nel Ragusano. Cinque vittime, qualcuno colpito a morte, altri vennero feriti e poi finiti dai killer. In quell'agguato morirono Angelo Mirabella 32 anni, vicino al boss Carmelo Dominante, e ritenuto il reggente del clan della 'stidda' di Vittoria, Claudio Motta 21 anni, cognato di Mirabella, Rosario Nobile 27 anni che aveva qualche parentela scomoda, Rosario Salerno 28 anni e Salvatore Ottone 27 anni, questi ultimi due semplici avventori del bar.
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Quattro le armi utilizzate: due calibro 9, una 357 Magnum e una Glock. A distanza di 25 anni, per Giuseppe Nicosia, già sindaco di Vittoria ma anche l'avvocato che ha rappresentato 14 parti civili nei processi, si è chiarito ogni aspetto e le condanne per mandanti, esecutori e fiancheggiatori sono passate tutte per i tre gradi di giudizio diventando definitive. "Sullo sfondo della strage di San Basilio una lotta di mafia - ricorda Giuseppe Nicosia già sindaco di Vittoria e legale di 14 parti civili nei processi che hanno riguardato la strage - ciò che è emerso dai processi è che in quel periodo 'cosa nostra' entrava a Vittoria con la famiglia Emmanuello che comandava sui Piscopo; per la prima volta avrebbe conquistato una sorta di 'riserva' della 'stidda'. C'erano state frizioni tra i Piscopo e Mirabella ed era intervenuto Emmanuello in persona per cercare di mettere pace, ma senza esito; Mirabella sarebbe stato poco accomodante. Fu allora che diede il via libera per uccidere Mirabella e quanti lo accompagnavano".
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Alessandro Emmanuello, Giovanni Piscopo e i due omonimi cugini Alessandro Piscopo, i mandanti; Giovanni Piscopo, Gianluca Gammino, i killer, Carmelo Massimo Billizzi, Enzo Mangione, i basisti, Diego Amaddio, il palo, Carmelo La Rocca, l'autista del commando. Una macchina, i sicari. Si dice anche di un tentativo precedente di ammazzare Mirabella, andato storto. Poi il 2 gennaio quando si fece buio, scatta l'attacco. Solo una persona si salva, è il barista, quando Giovanni Piscopo con le sue pistole, in una autentica esecuzione, finisce le persone già cadute sotto una raffica di colpi interminabile, lui è dietro al bancone, Piscopo non se ne accorge. Complesso il primo processo, rischiava di arenarsi.