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Messina Denaro e l’invito a pentirsi. E il boss risposte: "Mai dire mai"

Cronaca

Messina Denaro e l’invito a pentirsi. E il boss risposte: "Mai dire mai"

Depositati i verbali delle deposizioni dell'ex superlatitante

Redazione

09 Febbraio 2024 20:41

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“Noi la invitiamo a riflettere, a cercare un punto di sintesi…”: i pubblici ministeri hanno insistito. Ci sono stati dei momenti in cui è sembrato che potesse aprirsi una breccia nel granitico modo di essere di Matteo Messina Denaro. Altri in cui la chiusura è rimasta totale. Alla fine non ha svelato i suoi segreti, pur facendo riferimento ad esempio ad altri luoghi legati alla sua latitanza e rimasti finora segreti.  â€œMai dire mai… ci rifletto… non sono un assolutista”, ha detto il padrino trapanese. Era il 7 luglio e il cancro che lo avrebbe portato alla morte, il 25 settembre successivo, aveva ormai preso il sopravvento. Il verbale dell’interrogatorio è stato depositato dalla Procura di Palermo all’udienza preliminare del processo che vede imputata la maestra e amante del capomafia stragista, Laura Bonafede.

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A L’Aquila per interrogarlo in carcere c’erano il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Gianluca De Leo e Piero Padova. Usavano parole come “collaboratore” o “pentito” ma solo per allontanarle strategicamente dai pensieri di Messina Denaro che non nascondeva la sua sofferenza: “Lei pensava di trovare un Rambo e invece ha visto cosa ha trovato? Niente ha trovato, è una battuta. Mi avete preso per il male, altrimenti non mi prendevate”. Dopo una chiusura (“Non sono interessato, non sono interessato”), ecco un’apertura: “Poi nella vita mai dire mai, intendiamoci però al momento io non sono interessato a sta situazione”. “Ci riletta”, è l’invito: “Questo sì dottore Guido, veda che io non sono mai stato un assolutista, non è che perché io dico una cosa o no ad una cosa sarà sempre quella. Io nella mia vita ho cambiato tante volte idee però con delle basi solide”.

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Ondivago lo era stato anche in altre occasioni, dando l’impressione di volere condurre la narrazione. Calcolatore, anche in questo. Solo lui conosce la verità, se stesse fingendo o se davvero volesse aprirsi per mettere qualcosa sul piatto della bilancia che pendeva decisamente dalla sua parte: otto mesi di carcere dopo 30 anni di latitanza e di lacrime che altri, non lui, hanno versato per i delitti e le stragi a cui ha partecipato.

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