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Patto di mafia tra Gela e Niscemi: proiettili e teste di maiale per i poliziotti

Cronaca

Patto di mafia tra Gela e Niscemi: proiettili e teste di maiale per i poliziotti

Emergono altri dettagli dall'operazione antimafia Mondo Opposto

Redazione

22 Dicembre 2023 19:35

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Volevano intimidire un poliziotto in servizio al commissariato di Niscemi. L’obiettivo era quello di esplodere alcuni proiettili e colpire il poggiatesta dell’auto dell’agente, in modo da lanciargli un messaggio ben preciso: il passo successivo sarebbe stato sparargli in testa. Per mettere a segno il gesto intimidatorio, Alberto Musto e Ciccio Torre, con la complicità di Sergio Musto, avrebbero pianificato tutto mediante un attento studio di fattibilità: censimento delle telecamere, sopralluoghi, individuazione dell’abitazione della vittima, individuazione delle vie di fuga e delle armi da utilizzare. Un messaggio rivolto non solo al poliziotto preso di mira, ma anche nei confronti di tutte le altre forze dell’ordine e che, per gli inquirenti, dimostra il disprezzo e l’avversione che il sodalizio mafioso, nutriva nei confronti di tutti gli uomini in divisa.

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Nel corso di una conversazione Ciccio Torre, rivolgendosi al suo capo, Alberto Musto, gli dice “La pistola la dobbiamo andare a prendere”. “No è con la canna tagliata”, gli risponde Musto. “E’ una doppietta o un fucile automatico”, replica Torre, trovando nel suo interlocutore la risposta che si trattava di un fucile. Alberto Musto successivamente, dopo aver fatto un sopralluogo, per seguire le mosse del poliziotto, dice al suo fedelissimo “Il cornuto non c’era al commissariato” e poi gli descrive il colore e il modello dell’auto dell’agente. “Questo gran cornuto”, dice Musto riferendosi al poliziotto e successivamente ai rappresentanti dello Stato “No, devono avere paura”. Il passo successivo riguarda l’individuazione dell’abitazione: “Qua, qua stesso, dove ci sono le luci accese, dove ci sono le luci di Natale”.

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A questo punto si preparavano ad entrare in azione. “Le cartucce?”, chiedeva Musto a Torre e quest’ultimo rispondeva di averle precisando che per mettere a segno l’azione criminale, aveva bisogno di due armi, che evidentemente avrebbe ricevuto dal boss niscemese. “No, le cartucce ce l’ho, mi serve la cosa mi serve (ndr la pistola) e per sicurezza il coso, il fucile”. Il gesto intimidatorio, che doveva essere portato a termine dopo l’epifania, venne poi rinviato perché prendere il fucile in un loro covo in campagna, era complicato, per la massiccia presenza a Niscemi di forze dell’ordine per una manifestazione contro il Muos. Boss e fedelissimi non disprezzavano solo la polizia ma anche i carabinieri. “Lo devono capire…certi carabinieri si devono cacare addosso. Gli possiamo sferrare anche due chiattunati”.

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