Patto tra i clan di Gela e Niscemi: a disposizione della mafia uomini in divisa e un ex sindaco
Cronaca
Patto tra i clan di Gela e Niscemi: a disposizione della mafia uomini in divisa e un ex sindaco
I personaggi del blitz antimafia
Ci sono personaggi di spicco di Cosa nostra tra gli arrestati del blitz “Mondo Opposto” ma anche un ex sindaco, uomini in divisa infedeli e due donne. A capo della presunta organizzazione Alberto Musto, un niscemese di 37 anni, che in assenza dei capimafia di Gela, al momento in galera, avrebbe ricoperto il ruolo di capo mandamento a Gela e di reggente di Cosa nostra a Niscemi. Intraprendente, pericoloso e violento. Era un sorvegliato speciale, ma ciò nonostante avrebbe minacciato e intimidito con attentati incendiari e atteggiamenti mafiosi, non solo commercianti e imprenditori costretti a pagare il pizzo, ma anche alcuni poliziotti in servizio a Niscemi. Davanti il portone d’ingresso dell’abitazione di un poliziotto, Musto, insieme ai suoi “soldati”, collocò una testa di maiale per convincere l’agente a non indagare su di loro e per avere un occhio di riguardo nei suoi confronti. Tra gli indagati, spicca anche il nome di un ex sindaco, Paolo Rizzo, 69 anni, medico, candidato nelle fila della Dc, cognato sia di Giancarlo Giugno che di Salvatore Paternò, figlio del noto boss mafioso Angelo Paternò, il patriarca. Per gli inquirenti, Paolo Rizzo è considerato il tessitore dei contatti e dei rapporti tra l’amministrazione comunale e la criminalità organizzata. E’ stato sindaco del Comune di Niscemi dal 1988 al 1992, anno in cui la sua giunta fu azzerata per infiltrazioni mafiose. E’ indicato da diversi collaboratori di giustizia come affiliato alla famiglia mafiosa di Niscemi. Non avrebbe mai reciso, sostengono gli inquirenti, quel cordone ombelicale. Nel suo curriculum criminale annovera precedenti penali per associazione mafiosa e reati contro la pubblica amministrazione. E’ stato arrestato nell’ambito del blitz scattato ieri, per aver ordinato, dopo averne parlato con il reggente, l’incendio di un’abitazione in contrada Torotto. Tra gli arrestati anche una presunta talpa, Giuseppe Carbone, un appuntato in servizio alla stazione dei carabinieri di Gela. Avrebbe passato informazioni delicate e segrete alla famiglia mafiosa di Niscemi. In particolare avrebbe fornito i dettagli di una perquisizione e che vi erano in corso delle indagini a carico di Alberto Musto e dei suoi affiliati. Ma non è l’unico uomo in divisa infedele. C’è anche un poliziotto in pensione, Salvatore Giugno, il quale, pur non appartenendo a Cosa nostra, nella sua qualità di ex agente, in servizio presso la polizia giudiziaria del commissariato di Gela, si sarebbe messo a disposizione del clan, per fornire notizie sulle indagini che c’erano in corso su boss e gregari appartenenti alla famiglia mafiosa di Gela e Niscemi.
Ci sono personaggi di spicco di Cosa nostra tra gli arrestati del blitz "Mondo Opposto" ma anche un ex sindaco, uomini in divisa infedeli e due donne. A capo della presunta organizzazione Alberto Musto, un niscemese di 37 anni, che in assenza dei capimafia di Gela, al momento in galera, avrebbe ricoperto il ruolo di capo mandamento a Gela e di reggente di Cosa nostra a Niscemi. Intraprendente, pericoloso e violento. Era un sorvegliato speciale, ma ciò nonostante avrebbe minacciato e intimidito con attentati incendiari e atteggiamenti mafiosi, non solo commercianti e imprenditori costretti a pagare il pizzo, ma anche alcuni poliziotti in servizio a Niscemi.
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Davanti il portone d'ingresso dell'abitazione di un poliziotto, Musto, insieme ai suoi "soldati", collocò una testa di maiale per convincere l'agente a non indagare su di loro e per avere un occhio di riguardo nei suoi confronti. Tra gli indagati, spicca anche il nome di un ex sindaco, Paolo Rizzo, 69 anni, medico, candidato nelle fila della Dc, cognato sia di Giancarlo Giugno che di Salvatore Paternò, figlio del noto boss mafioso Angelo Paternò, il patriarca. Per gli inquirenti, Paolo Rizzo è considerato il tessitore dei contatti e dei rapporti tra l'amministrazione comunale e la criminalità organizzata.
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E' stato sindaco del Comune di Niscemi dal 1988 al 1992, anno in cui la sua giunta fu azzerata per infiltrazioni mafiose. E' indicato da diversi collaboratori di giustizia come affiliato alla famiglia mafiosa di Niscemi. Non avrebbe mai reciso, sostengono gli inquirenti, quel cordone ombelicale. Nel suo curriculum criminale annovera precedenti penali per associazione mafiosa e reati contro la pubblica amministrazione. E' stato arrestato nell'ambito del blitz scattato ieri, per aver ordinato, dopo averne parlato con il reggente, l'incendio di un'abitazione in contrada Torotto. Tra gli arrestati anche una presunta talpa, Giuseppe Carbone, un appuntato in servizio alla stazione dei carabinieri di Gela. Avrebbe passato informazioni delicate e segrete alla famiglia mafiosa di Niscemi. In particolare avrebbe fornito i dettagli di una perquisizione e che vi erano in corso delle indagini a carico di Alberto Musto e dei suoi affiliati. Ma non è l'unico uomo in divisa infedele. C'è anche un poliziotto in pensione, Salvatore Giugno, il quale, pur non appartenendo a Cosa nostra, nella sua qualità di ex agente, in servizio presso la polizia giudiziaria del commissariato di Gela, si sarebbe messo a disposizione del clan, per fornire notizie sulle indagini che c'erano in corso su boss e gregari appartenenti alla famiglia mafiosa di Gela e Niscemi.