Sangue a Baracche, rumeno accusato di aver accoltellato un connazionale: assolto dal tribunale di Gela
Cronaca
Sangue a Baracche, rumeno accusato di aver accoltellato un connazionale: assolto dal tribunale di Gela
L'uomo era stato arrestato con l'accusa di tentato omicidio
Assolto per non avere commesso il fatto. Così ha deciso il tribunale di Gela per il procedimento a carico di Dinga Mihai Remus, un cittadino romeno accusato di tentato omicidio ai danni di un connazionale. Il 4 aprile 2016, secondo quanto riferito dalla vittima e da altre due persone, l'imputato ed alcuni suoi familiari si sarebbero recati in un'abitazione in via Tucidide perché la sorella era stata schiaffeggiata dal fidanzato, per cui la famiglia Dinga voleva chiarimenti in merito a quanto accaduto. Nessuno, però, ha risposto alla porta, soltanto che nelle more il coinquilino del fidanzato "ricercato" ha contattato il fratello riferendo quanto in corso e chiedendogli di monitorare da lontano la situazione nascondendosi, e cosi ha fatto sino a quando non è stato accoltellato al fianco sinistro. La persona offesa, però, ha reso più dichiarazioni riferendo che l'aggressore era alto 1,70 e di carnagione scura, mentre l'imputato è alto oltre 1,90 centimetri e la sua carnagione è chiara. La persona offesa, appena giunta in ospedale, ha dichiarato di essere stata aggredita da più persone sconosciute, salvo poi cambiare versione. Ed infatti, nello stesso tempo in cui si trovava al pronto soccorso, la stessa persona offesa ha indicato con certezza, agli agenti presenti sul posto, un fratello dell'imputato quale suo aggressore, non indicandolo, però, con il nome corretto, bensì come Remus. Non vi è inoltre prova che l'imputato fosse ancora presente sul posto al momento dell'accoltellamento, così come il coltello usato per il ferimento non riporta tracce di Dna dell'imputato. Il difensore, avvocato Giuseppe Smecca, ha messo in luce e in evidenza tutte le sopra riportate contraddizioni che sono state condivise dal collegio che, appunto, ha assolto l'imputato per non avere commesso il fatto. Anche il Pm, comunque, aveva concluso chiedendo l'assoluzione.
Nessuno, però, ha risposto alla porta, soltanto che nelle more il coinquilino del fidanzato "ricercato" ha contattato il fratello riferendo quanto in corso e chiedendogli di monitorare da lontano la situazione nascondendosi, e cosi ha fatto sino a quando non è stato accoltellato al fianco sinistro. La persona offesa, però, ha reso più dichiarazioni riferendo che l'aggressore era alto 1,70 e di carnagione scura, mentre l'imputato è alto oltre 1,90 centimetri e la sua carnagione è chiara.
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La persona offesa, appena giunta in ospedale, ha dichiarato di essere stata aggredita da più persone sconosciute, salvo poi cambiare versione. Ed infatti, nello stesso tempo in cui si trovava al pronto soccorso, la stessa persona offesa ha indicato con certezza, agli agenti presenti sul posto, un fratello dell'imputato quale suo aggressore, non indicandolo, però, con il nome corretto, bensì come Remus.
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Non vi è inoltre prova che l'imputato fosse ancora presente sul posto al momento dell'accoltellamento, così come il coltello usato per il ferimento non riporta tracce di Dna dell'imputato. Il difensore, avvocato Giuseppe Smecca, ha messo in luce e in evidenza tutte le sopra riportate contraddizioni che sono state condivise dal collegio che, appunto, ha assolto l'imputato per non avere commesso il fatto. Anche il Pm, comunque, aveva concluso chiedendo l'assoluzione.