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Stupefacenti, estorsioni e appalti: le mani dei clan di Gela negli affari illeciti

Cronaca

Stupefacenti, estorsioni e appalti: le mani dei clan di Gela negli affari illeciti

Lo ha detto il presidente della Corte d'Appello in occasione dell'anno giudiziario

Redazione

28 Gennaio 2024 10:32

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"Nella parte settentrionale della provincia persiste la presenza dei "mandamenti" mafiosi di Vallelunga Pratameno (che comprende anche il territorio di Caltanissetta) e di Campofranco e, nella parte meridionale, quella dei "mandamenti" di Riesi e di Gela, "mandamento", quest'ultimo dove operano, oltre alla "famiglia" di Gela, anche quelle di "Niscemi" e "Mazzarino", caratterizzato dalla coesistenza, con alterne vicende, della "stidda" con le due fazioni di "cosa nostra" (i cosiddetti gruppi "Rinzivillo" ed "Emmanuello", rispettivamente legati all'ala moderata il primo ed all'ala "corleonese" il secondo). Sul territorio gelese opera, inoltre, un altro sodalizio mafioso autonomo rispetto a "stidda" e "cosa nostra", denominato gruppo "Alfieri", dal cognome del suo elemento di maggior spicco, appunto Giuseppe Alferi". E' quanto emerge dalla relazione del presidente reggente della corte d'appello di Caltanissetta, Giuseppe Melisenda Giambertoni, illustrata in occasione della cerimonia d'apertura dell'anno giudiziario.

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"In generale, può affermarsi che le indagini svolte in ambito distrettuale negli ultimi anni confermano la pervasiva capacità di "cosa nostra" di infiltrarsi nei settori nevralgici dell'economia legale, condizionandone le dinamiche. Assoluto appare il controllo dei più importanti traffici di sostanze stupefacenti, gestito assicurando i necessari approvvigionamenti lungo le direttrici che conducono verso le piazze di Palermo e Catania, non disdegnando la produzione "in house", tramite la gestione di piantagioni di marijuana nelle campagne dell'entroterra nisseno. La forma più diffusa di finanziamento rimane tuttavia la gestione dell'attività estorsiva in danno di imprenditori, in particolare nel settore edile e dell'agricoltura, di volta in volta costretti a cedere all'imposizione mafiosa, pagando odiose gabelle, assumendo personale, subendo l'imposizione di forniture, stipulando subappalti ovvero consentendo lo sfruttamento economico dei terreni agricoli a terzi, a loro volta beneficiari di pubblici contributi.

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Nonostante la presenza nel territorio distrettuale di numerose associazioni antiracket, poco significativo è risultato il contributo offerto dalle parti offese alla lotta al fenomeno estorsivo, essendo per contro emerso, in numerosi casi, un perverso rapporto tra i membri delle famiglie mafiose ed alcuni imprenditori, caratterizzato non più dallo stato di soggezione di questi ultimi ma da un mutuo scambio di favori atto a favorire l'infiltrazione mafiosa nell'economia legale proprio grazie al ruolo di intermediazione svolto da fiduciari titolari di alcune imprese, che hanno così di fatto assunto un ruolo monopolista, scardinando le regole della libera concorrenza".

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